La mortifera eredità della Rivoluzione del Sessantotto

Filippo Bianchi 

La Rivoluzione del Sessantotto non a caso ebbe inizio in Italia tre anni dopo la conclusione del Concilio Vaticano II, terminato nel 1965 con la promulgazione della quarta costituzione apostolica conciliare Gaudium et Spes di Paolo VI. Anche quest’ultimo in merito al nuovo concilio e alle sue applicazioni successivamente ebbe dei ripensamenti e affermò: “aspettavamo una splendida primavera, invece è arrivato l’inverno”, come indiscutibilmente oggi dimostra il calo dei praticanti in Italia, passati dal 60% al 10% in 50 anni e destinati a diminuire ulteriormente.

Tale fenomeno rivoluzionario, come illustrato dallo psicologo e psicoterapeuta Roberto Marchesini durante la conferenza “Sessantotto e Humanae Vitae”, tenutasi a Bergamo nel settembre 2018, in realtà ebbe origine sotto altre vesti negli USA nel 1964 ad opera di uno studente italiano del College di Berkeley, Mario Savio (nella foto), che si ribellò al sistema di istruzione statunitense penalizzante per le classi non appartenenti alla classe al potere white anglo-saxon protestant. All’epoca il razzismo infatti era operato anche in base all’appartenenza religiosa dai protestanti, non solo sulla minoranza afroamericana, ma anche su quella cattolica, e per questo vi fu la novità di una rivolta degli studenti, mai vista prima, che dette vita a nuovi modelli giovanili contro il sistema. Dunque senza l’ingiusto sistema di potere white anglo-saxon protestant non avremmo assistito ad una rivoluzione in tali termini e neppure alle stesse conseguenze effettivamente verificatesi.

In Europa tale rivoluzione venne strumentalizzata e importata da intellettuali comunisti di rientro dagli USA. In Germania vennero promosse ideologie e testi dalle cattedre universitarie in favore della sfrenata rivoluzione sessuale e della rivolta studentesca. In Francia il Sessantotto, chiamato “Il Maggio Francese”, durò solo un mese con l’ausilio della Russia sovietica richiesto da Charles De Gaulle. In Italia invece nel 1968 nacque una nuova sinistra liberista alternativa al Partito Comunista, non socialista, che guarda agli Stati Uniti e non alla Russia, con posizioni molto libere per quanto riguarda la sessualità e tutti i vari ambiti. L’ateo, anticlericale, relativista, fondatore de L’Espresso e de La Repubblica, giornalista di riferimento e confidente dell’attuale pontefice Francesco, Eugenio Scalfari, creò da una costola del Partito Liberale, il Partito Radicale, nacque così in Italia una Sinistra alternativa al PC. Venne intercettato e promosso un nuovo elettorato, non più coincidente con il vecchio modello comunista sovietico illustrato da Giovannino Guareschi, che in famiglia aveva ancora dei principi, ma un nuovo elettorato da incoraggiare, quello del “vietato vietare”. Oggi tale area è rappresentata da partiti sessantottini come il PD e da personaggi alla Matteo Renzi e alla Paolo Gentiloni, i quali, attraverso i propri governi non votati dai cittadini e costituiti attraverso l’alleanza con Forza Italia di Berlusconi, hanno approvato leggi che introducono nel nostro ordinamento giuridico il suicidio assistito, una sorta di “matrimonio” (dal latino mater) tra “coppie” di persone dello stesso sesso (con conseguenti controversie in merito ad eventuali figli di uno dei due e di una persona esterna) e l’introduzione nelle scuole della falsa teoria degli studi di genere, cosiddetta del gender, pur professandosi cattolici e senza nessuna opposizione da parte della quasi totalità delle nuove gerarchie ecclesiastiche. 

Nello Stivale negli anni successivi al 1968 arrivarono le prime morti di giovani ad opera dell’eroina ed una nuova musica di tipo tribale, senza melodia che parla alla ragione, ma solo con ritmo che parla al corpo. La leva che i rivoluzionari adoperarono, come con Enrico VIII per arrivare alla Rivoluzione Protestante Anglicana, fu quella del sesso per scardinare le regole morali e religiose, in questo caso anche partendo dalla musica e dalle droghe ma pur sempre mirando alla “liberalizzazione della sessualità” prima, e di ogni regola e principio morale poi.

Purtroppo senza regole morali e religiose però, il debole è in balia del forte.

La nuova antropologia è proprio quella della materia che vince sullo spirito, è quella di un uomo dominato dalla passione e dagli istinti, l’uomo del Romanticismo che, come nell’Illuminismo, esalta proprio la demolizione delle regole morali e religiose in favore del cedimento alle passioni e alla materia senza il corretto utilizzo della ragione. Nasce un nuovo uomo sessantottino che ritiene ridicolo il Sacro e contesta ogni autorità, come nella Rivoluzione Francese che, tagliando la tasta a Luigi XVI, aveva già tagliato la testa a tutti i padri di famiglia che salvaguardavano le leggi naturali.

Nel nostro Paese è interessante osservare che il Sessantotto si sia scatenato in ambienti cattolici e che la prima università occupata sia stata proprio l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ad opera di studenti esaltati sulle orme del politico rosso, e prete disubbidiente, don Milani e di altra pretaglia cattocomunista.

Lo scopo del Sessantotto, in sostanza, è stato quello di attaccare la famiglia attraverso l’introduzione della legalizzazione di divorzio, aborto, eutanasia, sodomia, droga e di ogni più perversa sessualità. Quello che non erano riusciti a realizzare i governi liberal-massonici del precedente secolo grazie all’opposizione di uomini come papa Pio X, questa volta venne compiuto attraverso la complicità della Democrazia Cristiana, il partito di centro che guardava a sinistra, durante il pontificato del papa modernista, del dialogo e delle aperture al mondo Paolo VI. 

Nonostante la conferma della dottrina ribadita nella non profetica enciclica Humanae Vitae di papa Montini, possiamo rilevare come a distanza di 50 anni il Sessantotto, che le televisioni di stato si ostinano ancora a presentare acriticamente, totalmente e unicamente come una svolta positiva,  abbia invece oggettivamente prodotto un Occidente fragile, malsano, in crisi, ferito, infelice, egoista, senza scopo, senza figli, senza Dio, con la complicità degli ingenui e “dei buoni”.