di Gildo della Querce
La canonizzazione del Risorgimento, ad opera dell’Italietta liberale e anticattolica di fine Ottocento, è palpabile ancora oggi se non altro dalla toponomastica, che fin da bambini ci abitua a familiarizzare coi nomi di Garibaldi, Cavour e Mazzini, un po’ meno di Vittorio Emanuele II, ma tanto meglio.
Ebbene questo trionfale lascito di fasti ingloriosi non sembra essere bastevole per coloro che fanno del patriottismo à la page la loro banderuola. Difatti il “Laboratorio editoria di Fratelli d’Italia” e l’“Istituto Stato e Partecipazione”, quinte colonne dell’avanguardia futurista contemporanea, hanno recentemente annunciato che il 2022 sarà l’anno di Grazia dedicato a Giuseppe Mazzini, con libri, iniziative culturali, mozioni negli enti locali “e molto altro” (!), a 150 dalla morte del “grande patriota” (occorsa giustappunto il 10 marzo 1872).
Sarebbe sufficiente il tenore di questo annunzio per seppellire con una risata i laboratori e gli istituti di cui sopra, i quali, da buoni “identitari”, ammettono di ignorare gli innumerevoli studi di Gianni Oliva, Angela Pellicciari, Carlo Alberto Agnoli, Pino Aprile, per citare i più letti, e perseverano con le loro laicali litanie in onore di personaggi quali il suddetto menagramo genovese, che si diede lustro per aver cospirato contro la propria patria, spiato in nome e per conto di potenze straniere, invaso Stati sovrani e indipendenti, massacrato popolazioni inermi fedeli ai loro legittimi reali…insomma, un coacervo di virtù perfettamente il linea con le istanze cosiddette “sovraniste” che dovrebbero rappresentare lor signori.
Del resto, costoro non son altro che quelli che presero per nome l’accenno più massonico che possa darsi, “Fratelli d’Italia”, d’eco risorgimentale appunto, e per simbolo il nodo prima e poi il tricolore: «II tricolore! Bravo, il tricolore! Si riempiono la bocca con queste parole i bricconi. E che cosa significa questo segnacolo geometrico, questa scimmiottatura dei francesi così brutto in confronto alla nostra bandiera candida con al centro l’oro gigliato dello stemma? E che cosa può far loro sperare quest’accozzaglia di colori stridenti?». La domanda compunta e rassegnata di Tomasi di Lampedusa resta e resterà ancora, almeno per alcuni, priva di un’adeguata risposta. Ma non per tutti.
Gildo della Querce